La ricetta prima di Internet


Ricetta s.f. (dal lat. recepta)

  • In origine, l’istruzione scritta dal medico per la preparazione galenica di una medicina e per la somministrazione di essa;
  • Indicazione degli ingredienti, delle dosi e delle modalità di confezione, con cui preparare pietanze, dolci, conserve, bibite e bevande varie, o anche prodotti non alimentari.

Questa è parte della definizione di ricetta che troviamo nel vocabolario Treccani e, ovviamente, ci occuperemo della seconda accezione.

Nel momento storico in cui ci troviamo, grazie all’avvento dei nuovi mezzi di comunicazione, quali social media, blog, canali video, ecc., è sempre più semplice reperire in tempo reale qualsivoglia ricetta, da qualsiasi parte del mondo; oserei anzi dire, soprattutto in questo momento difficile in cui siamo costretti a rimanere nelle nostre dimore, che siamo bombardati da video-ricette, sfide e tormentoni culinari: basta aprire Facebook per rendercene conto.

Ma ricordate prima di Internet come si faceva? A parte chiedere alle nostre nonne e alle nostre madri, vere custodi ed ottime esecutrici delle tradizioni culinarie, io ricordo un cassettone della sala da pranzo in cui si trovava una rubrica con all’interno varie ricette, soprattutto di dolci, dalle pagine unte e ingiallite, che ogni tanto tiravo fuori per provare a farne qualcuna. Ma puntualmente mi scoraggiavo, perché chi le aveva scritte (probabilmente mia nonna, mia madre, la mia sorella maggiore) si era limitato ad indicare solo gli ingredienti e al suggerimento di mia madre di fare “ad occhio” mi tiravo indietro, perché quella tecnica con me non ha mai funzionato…

E vi siete mai chiesti nel passato, anche più lontano, come si trasmetteva tale sapere? Proveremo insieme a fare un breve excursus e a tracciare i punti salienti della storia dei ricettari.

I primi Ricettari


Dovete sapere che il più antico “libro di cucina” risale addirittura a 4.000 anni fa e appartiene all’antica civiltà mesopotamica.
Si tratta di una tavoletta con incise in caratteri cuneiformi 25 ricette, dove venivano elencati solo gli ingredienti, senza specificare le dosi, il procedimento e i tempi di cottura (un po’ come le ricette di casa mia!). Questa caratteristica è durata nel tempo, soprattutto perché le antiche raccolte erano destinate ai cuochi, la cui competenza nel campo era data per scontato.

Se voleste cimentarvi in una delle più antiche preparazioni della tradizione babilonese, qui trovate la ricetta per preparare uno stufato di agnello (fatemi sapere poi).

Passando alla nostra di tradizione, uno dei più antichi ricettari è il De Re CoquinariaL’arte culinaria – di Marco Gavio Apicio, testimone delle usanze gastronomiche dell’antichità, in particolare della cucina romana (lo trovate qui). Vissuto sotto il regno di Tiberio, Apicio, un ricco patrizio descritto da Seneca e da Plinio come un “ghiottone”, che sperperava tutte le sue ricchezze in sfarzosi banchetti, si interessò in modo particolare alle salse e ai condimenti, i veri protagonisti della tradizione gastronomica romana e all’organizzazione di pranzi, cene e banchetti, ideati con l’intento di stupire i propri ospiti.

L’opera è costituita da 10 libri, contenenti circa 300 ricette, arricchita durante il Medioevo dagli amanuensi con ulteriori ricette e dati sull’agricoltura e la dietetica.

La svolta medioevale

È infatti con la fine del Medioevo che i ricettari iniziarono a comparire in modo più frequente.

Il testo più famoso del periodo è senz’altro il Liber de Coquina – Libro di Cucina – di un anonimo napoletano, presumibilmente un cuoco appartenente alla corte Angioina. Il testo fu redatto tra il 1285 e il 1309 e fu utilizzato fino al XV secolo, sbarcando addirittura oltre confine, in Francia e in Germania.

Quattrocento e Cinquecento


È il XV secolo che ci regala il primo ricettario ad avere un autore certo: si tratta del Libro de Arte Coquinaria di Martino de’ Rossi, definito “il principe dei cuochi” (lo trovi qui).

Il de’ Rossi, noto a tutti come maestro Martino da Como, “cuoco errante” per eccellenza, ha saputo unire alla tradizione della cucina medioevale, innovazioni provenienti dalla conoscenza della cucina catalana, oltre che di quella araba.

L’opera, composta di 65 fogli, è stata scritta tra il 1456 e il 1457 e divenne un punto di riferimento per i cuochi a lui contemporanei, nonché dei decenni successivi.

La sua innovazione? L’uso del volgare ed uno stile preciso e dettagliato, chiari segnali che l’autore volesse farsi comprendere da tutti.

Il successo della sua opera è dovuto ad uno dei suoi più stimati sostenitori: l’umanista Bartolomeo Sacchi. Quest’ultimo incorporò le ricette di Martino nel suo De honesta voluptate et valetudine, stampato a Roma nel 1474, da considerarsi la prima opera di cucina stampata con l’innovativa tecnica di Gutenberg (di Gutenberg te ne parlo qui e il libro invece lo trovi qui).

Il successo della gastronomia italiana

Il secolo successivo è l’epoca del massimo fulgore delle corti rinascimentali, caratterizzato, grazie a queste ultime, dall’apice della gastronomia italiana. Il campo è occupato da ricettari più specializzati, tra i quali spicca l’opera di Cristoforo Messisbugo Banchetti, composizioni di vivande e apparecchio generale del 1539.

Il testo è diviso in tre parti:

  • Una prima sezione nella quale vengono elencati gli elementi necessari all’organizzazione dei banchetti;
  • Una seconda parte in cui vengono descritte le portate presentate durante varie cene e feste organizzate a corte;
  • L’ultima parte contenente 323 ricette raggruppate in base alla tipologia di piatto (paste, torte, minestre, salse, brodi, latticini)

Tale suddivisione fu molto apprezzata da altri cuochi-scrittori, come Bartolomeo Scappi che, nella sua Opera (1570) aggiunse dei disegni per illustrare gli strumenti da cucina e i vari procedimenti di lavorazione. Può essere considerato il primo libro di cucina illustrato!

Dal Seicento all'Ottocento


I ricettari del ‘600 sono caratterizzati dalla regionalizzazione della gastronomia come elemento fondamentale, con particolare rilevanza della produzione gastronomica napoletana. 

La cucina di fine secolo subisce, invece, l’influenza delle corti francesi, soprattutto di Versailles, grazie anche alla diffusione de Il cuoco francese (1651) di Francois Pierre de La Varenne, ristampato fino al 1826, ma che puoi trovare ancora qui.

Un punto di svolta

Il vero turning point nella storia dei ricettari è rappresentato dall’opera di Pellegrino Artusi, considerato il padre della cucina italiana.

Il suo manuale La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene del 1891 è conosciuta in tutto il mondo. Il testo, meglio conosciuto come “L’Artusi”, rappresenta uno spartiacque nella cultura gastronomica e voleva valorizzare la tradizione culinaria nazionale. Contiene infatti ricette provenienti dall’intera penisola, in cui vengono inseriti dei commenti personali da parte dell’autore, che tendeva a preferire le preparazioni casalinghe.

Le 790 ricette, raccolte durante i suoi viaggi, vengono spiegate attraverso un approccio didattico utilizzando uno stile ironico e chiaro, con lo scopo di essere divulgate a tutti. Anche a te: infatti lo trovi qui!

Il Novecento


Fino ad ora abbiamo assistito ad un’assenza della figura femminile dal panorama culinario “ufficiale”.

Quella delle donne è sempre stata una cucina popolare, con l’unico fine di nutrire e provvedere al sostentamento della famiglia, mentre la cucina degli uomini è considerata professionale, artistica, volta a soddisfare tutti i sensi.

Inoltre, l’alto tasso di analfabetismo femminile ad inizio secolo, rendeva difficile appropriarsi delle ricette scritte e i segreti della buona tavola venivano trasmessi oralmente da madre in figlia.

Nonostante questa tendenza generale, è ad inizio ‘900 che compare il primo ricettario scritto da una dona: si tratta dell’opera Come posso mangiare bene? di Giulia Ferraris Tamburini, edito da Hoepli nel 1900: una raccolta di ricette preparate con vivande comuni, semplici ed economiche.

Inoltre, fino agli anni ’30, varie case editrici italiane, si occuparono della produzione e della stampa di piccoli manualetti monotematici, in cui venivano elencati solo gli ingredienti. Questi opuscoletti culinari si inseriscono all’interno di un filone che aveva come unico scopo quello di formare le donne verso la cura della casa e della famiglia, tema molto prolifico durante il periodo fascista, dove il “saper cucinare” era uno dei talenti fondamentali per le future spose, che potevano “prendere per la gola” fidanzati e mariti, conquistandoli.

È all’interno di questo (triste oserei dire ) quadro che si inserisce Il talismano della felicità (1927) di Ada Boni. La trattazione per argomenti, l’inserimento delle dosi e la descrizione precisa e chiara dei procedimenti fanno del Talismano un manuale di facile consultazione valido ancora oggi (lo trovi infatti qui).

Il diffondersi dell’interesse verso l’arte culinaria vede una svolta con la pubblicazione della prima rivista mensile dedicata alla cucina: La Cucina italiana, nata nel 1929 e ricca di molte novità:

  • Ricetta speciale del mese;
  • Ricette firmate da note personalità dell’epoca;
  • Menu per la festa.

Dal dopoguerra ad oggi

Ancora per diversi anni dopo la fine della seconda guerra mondiale gli italiani sono costretti a stringere la cinghia; il passaggio da un’economia di guerra ad una di pace è quasi inavvertito. È con gli anni sessanta che i consumi iniziano a risalire e la mitica bistecca arriva quotidianamente sulle nostre tavole. I ricettari comunque continuano ad essere “opere di valorizzazione delle massaie”, che possono trovare anche in edicola fascicoli illustrati che mostrano le ricette passo dopo passo.

La trasformazione, il salto di qualità, dei libri di cucina avviene negli anni ottanta quando entra, anche tra le pentole, quella componente edonistica che caratterizza il decennio.

Alla “cucina del fare”, come l’ha definita qualcuno, si contrappone la cucina-spettacolo, la cucina evento, che prima che con il palato si assapora con la vista: da suor Germana a Sofia Loren, passando per i più moderni Masterchef, Cotto e mangiato ecc.

E’ una costante fioritura di consigli e di condivisione di segreti per portare il meglio sulle nostre tavole.

L’oggi è noto a tutti.

E oggi? Andiamo in libreria!


L’avvento degli influencer e dei food blogger ha sicuramente ridimensionato, e non di poco, l’uso della carta stampata.

Ma quando andate in libreria avete notato che l’angolo dedicato ai libri di cucina e nutrizione è tra quelli più in evidenza? L’offerta è ricca e variegata: dalle ricette per vegetariani, a quelle per perdere peso, fino a quelle della cucina orientale. 

Il digitale, per quanto insidioso ed ostinato, non potrà mai sostituire la carta stampata, soprattutto per il suo valore emotivo e visivo. E chi è abituato a toccare e ad annusare i fogli sa benissimo di cosa parlo.

Le immagini appartengono a Google

Articolo di ANGELA

Traduttrice per passione, dal 2015 madre di Costanza. Una creativa con la valigia in mano. Collezionista compulsiva di libri che non avrò mai il tempo di leggere. esposito_ngl@yahoo.it

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