Come è cambiato il lavoro del graphic designer con l’avvento del computer e che direzione sta prendendo con la digitalizzazione?

Un momento per riflettere e per comprendere come tutto ciò sta influenzando la nostra percezione della realtà e come, queste consapevolezze, possono aiutarci per la nostra comunicazione aziendale.

Turning point: l'avvento del computer


1984: Steve Jobs ha 29 anni e presenta il primo personal computer con interfaccia user-friendly, il Macintosh: clamoroso lo spot (con riferimento al distopico 1984 di Orwell con la regia di Ridley Scott), programmatico di una lotta al dispotismo tecnologico di IBM.

Poi subentrerà Windows.

Ma, già nel 1965, la nostra Olivetti aveva presentato un pc e si erano affacciate sul mercato, man mano, Apple e IBM.

E il pc come cambia il lavoro del progettista grafico?

Premessa: lungi dal poter trattare l’ argomento esaustivamente, le mie ricerche sono state rivolte per lo più alla situazione italiana.

Non bisogna pensare che i metodi tradizionali di creazione e progettazione siano stati cancellati con un colpo di spugna. Anzi, il percorso è stato più lungo di quanto si crede (pensate a quanto siano diffusi, ancora oggi, i laboratori di incisione, stampa artigianale, varie tecniche di disegno con i più disparati strumenti, di rilegatura, etc.).

grafici lito cinquegrana a lavoro agli inizi anni 2000

L’eterna battaglia tra passato e futuro

Vi erano, come in ogni tempo rivoluzionario due correnti:

  •  gli scettici, e già grafici “affermati”, che non si approcciavano alla nuova macchina, avendo già padronanza di un iter lavorativo
  • e chi, agli albori della professione, invece, era propenso a sperimentare e “fare amicizia” con uno strumento ancora basic e “grezzo” e crescere con la sua evoluzione.

Le “primitive” caratteristiche iniziali, fanno sì che, fino agli anni ‘90 ca. e ancora alle soglie del nuovo millennio, si preferisca l’alta qualità tradizionale, anche se più lenta, a processi più veloci, ma non precisi e familiari. Soprattutto, è difficile ideare con categorie mentali tradizionali dei riferimenti grafici: i caratteri tipografici non sono equivalenti, i colori cambiano da schermo a schermo, le immagini si continuano a reperire fotografandole e non corrispondono alla resa digitale.

A ciò, si deve aggiungere la barriera insormontabile dei costi proibitivi per un giovane grafico, ma anche per gli studi professionali (qui ti do qualche dritta su quale dovrebbe essere il percorso di un grafico). Solo qualcuno negli anni ‘80, infatti, è dotato delle nuove apparecchiature e si specializza, chiamando programmatori specialisti a supporto, che soppianteranno altre figure come fotolitisti e fotocompositori, costretti a reinventarsi e
rivoluzionarsi, essi stessi).

Grafica o Eidomatica


Si parla di computer grafica o eidomatica (dal greco éidos ‘idea, immagine, forma’ + il suffisso di informatica – clicca qui per approfondimenti) e il settore che per primo sperimenta è quello video. Probabilmente perché già ontologicamente dinamico e con processi molto lunghi di realizzazione.

Qualche esempio ci viene dall’animazione, con Guido Vanzetti, in collaborazione con Giuseppe Laganà, e il suo Pixnocchio  nel 1982. Esso rappresenta, infatti, il primo esempio di animazione italiana realizzata al pc dal grafico musicale Mario Convertino, che mette a punto nuovi caratteri per il programma televisivo “Mister Fantasy”, nonché per la grafica di album musicali.

Stando, inoltre, alle interviste di grafici che hanno vissuto, con età diverse, l’epoca di transizione (fonte: “Estinzioni, adattamenti, esplorazioni e convivenze: quattro interviste sul ruolo delle innovazioni tecnologiche nel graphic design italiano”) chi ha la fortuna di lavorare in uno studio con pc, non ne ha completo accesso e non in autonomia, dovendolo condividere con i colleghi: quindi il personal computer non è subito personale.

Nuove font

E, in quegli anni, il salto sarebbe stato possibile, di colpo, “sezionando”, provando ogni azione, programma, facendo esperienza della casualità del pc che, come ci racconta Silvia Sfligiotti a proposito di un progetto di Fioravanti, ne permise il cambio di colore, semplicemente con la selezione accidentale di una casella.

Sempre Sfligiotti, ma non solo lei, racconta di come “impazzassero” nuove font e quindi le scelte fossero potenzialmente illimitate e disponibili (a fronte di cataloghi non facilmente consultabili detenuti da aziende ad hoc, che poi li digitalizzarono, e che presupponevano una forte capacità immaginifica nel momento di creazione) e del loro utilizzo misto.

Neville Brody, designer britannico e autore di copertine di Cabaret Voltaire, Depeche Mode, tra gli altri, e del cambio d’immagine di quotidiani come The Guardian e The Times, realizzò più di venti nuovi caratteri tipografici.

In effetti, il settore dei caratteri fu quello di cui si avvertì primariamente lo sconvolgimento: era più semplice digitalizzarli e modificarli e crearli a partire da semplici linee.

Ciò che non si riscontrava, invece, per le immagini: troppo pesanti e nelle quali l’imprecisione e la resa colorica non permettevano lavori puliti, che d’altronde si ottenevano con la fotografia e la fotocomposizione.

I trasferelli


Ma, vorrei parlarvi di uno strumento sparito, a proposito della composizione dei testi e della scelta delle font. Meno conosciuto per l’ambito professionale (dalle generazioni anni ‘80 in poi, quando inizia a scemare), e più per l’ intrattenimento dei bambini: i cosiddetti trasferelli.

Conosciuti come Letraset, dal nome della casa produttrice londinese, di cui erano il prodotto più originale e conosciuto, trattasi di fogli di caratteri, simboli, motivi decorativi, loghi, inizialmente trasferibili con processo a umido, poi perfezionato a secco; prima realizzati in monocromia poi in quadricromia, e utilizzati da designer, architetti e artisti, dai professionisti ai dilettanti.

È straordinaria la varietà messa a punto e la fisicità che comportava con la creazione: un tempo di riflessione più lungo che permetteva di soppesare le scelte.

L’illusione dei dilettanti

E qui, il risvolto negativo del pc: l’illusione, attraverso la “democratizzazione”, di potersi improvvisare grafici e quindi, il dilagare di dilettanti e l’appiattimento dell’ originalità (alla lunga interviene, si sa, un’ auto-scrematura).

In seguito si evolveranno negli adesivi.

Esiste un sito che raccoglie e documenta l’ evoluzione di questo simpatico strumento http://www.action-transfers.com/. Divertitevi!

grafico ernesto a lavoro agli inizi degli anni 90 con macintosh

E quindi dove stiamo andando?


In conclusione, l’avvento del pc cambia le prospettive evolutive della professione, ma non subito: perché si oscilla sempre tra il vecchio e il nuovo, si mescola e si riprende per nuove frontiere (siamo o no, postmoderni?!).

Bisognerà aspettare gli anni ‘90, con software di grafica sempre più potenti che convogliano quasi tutte le azioni in semplici ‘click’, e soprattutto la comparsa del web per un cambiamento drastico: dalla pagina-superficie – statica tradizionale – alla pagina-schermo – sintetica, simultanea e profonda.

Cambia il modo di fruire e trasmettere l’informazione. Le fasi produttive (dall’idea alla trasmissione tout court) si concentrano sempre più in un’unica figura, quella del grafico appunto, le cui conseguenze stiamo vivendo tuttora: qualcuno profetizza addirittura la sparizione della carta !

Realtà vs Immaterialità

Essendo quindi la comunicazione sempre più demandata ai social (il QR code è la comunicazione virtuale che sconfina in quella tradizionale, e ancor più la realtà aumentata, AR ) io sarò tra quelle persone che, più la realtà si farà immateriale, più si attaccherà alla sua fisicità: già sono nostalgica!

Di sicuro la grafica, con le tecnologie che ne permettono la sua veicolazione, dal copiare la realtà è passata sempre più a influenzarla e dettarne le regole. Del resto la realtà virtuale, VR, ha scombinato “ancora un po’” le tassonomie alla base della nostra organizzazione del mondo, per cui non so per quanto tempo ancora (10 anni?!) avrà senso distinguere quelle di ‘reale’ e ‘virtuale’ come ho fatto io qui sopra.

Comunque, sempre curiosa! Al mese prossimo, Mariel

Articolo di MARIEL

Un gatto nero e tanta passione per arte e letteratura. Decisamente antirazzista. “La curiosità è insubordinazione nella forma più pura” Leileith@hotmail.it

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