Andy Warhol, nato a Pittsburgh, in Pennsylvania, è stato un grafico, illustratore, pittore, regista e direttore della fotografia – uno dei più importanti esponenti della Pop Art, nonché uno degli artisti più celebri e influenti del XX secolo

Così celebre, post mortem, la sua fama e la quotazione delle opere crebbero al punto da rendere Andy Warhol il “secondo artista più comprato e venduto al mondo dopo Pablo Picasso”.

Trasferitosi a New York, la “grande mela” gli offrì subito molteplici possibilità di affermarsi nel mondo della pubblicità, muovendo infatti i primi passi come grafico pubblicitario presso riviste come Vogue e Glamour.

Io, personalmente, ho avuto la fortuna di ammirare da vicino il mondo di questo artista rivoluzionario ed emblematico proprio un anno fa, nel Febbraio del 2020, grazie ad una mostra: quella che si è tenuta a Napoli nella basilica di Pietrasanta, dove sono state esposte più di 200 opere, oltre ad un’intera sezione dedicata all’Italia e alla città di Napoli, che ha regalato ai visitatori una visione completa della produzione artistica del genio americano che ha rivoluzionato il concetto di opera d’arte.

Ma conosciamolo meglio insieme!

Da artista a icona

Warhol, genio rivoluzionario


Andy Warhol, ha lasciato un’impronta indelebile nella storia dell’arte contemporanea, essendo colui che ha rinnovato e rivoluzionato non solo il ruolo dell’artista, ma il concetto dell’arte stessa. 

Warhol ha scritto: “Mentre guardi alla televisione la pubblicità della Coca-Cola, sai che anche il Presidente beve Coca-Cola, Liz Taylor beve Coca-Cola, e anche tu puoi berla. Una Coca è una Coca, e nessuna somma di denaro può procurarti una Coca migliore di quella che beve il barbone all’angolo della strada. Tutte le Coche sono uguali e tutte le Coche sono buone. Liz Taylor lo sa, lo sa il Presidente, lo sa il barbone e lo sai anche tu”.

Iniziò a comunicare un nuovo messaggio, sottolineando come in una società consumistica, è comune che tutti abbiano gli stessi idoli, pensino allo stesso modo e mangino gli stessi prodotti. Con questa teoria trasportò quindi quella che era la “quotidianità” di una società consumistica, come quella americana, all’interno della sua arte.

Foto scattate da me, alla mostra che si è tenuta a Napoli, nella basilica di Pietrasanta a febbraio 2020.

Nuovo concetto di opera d'arte e la serialità


Introdusse, quindi, un nuovo concetto di arte.

Secondo Warhol, infatti, l’arte va “consumata”, proprio come dei prodotti commerciali. 

Seguendo questo concetto, scelse immagini attinte dalla cultura di massa e poi le elaborò in serie.

La serialità è stato un tratto distintivo del suo lavoro ed implicava un approccio ripetitivo e asettico, freddo.

Il suo è infatti uno sguardo esterno e distaccato, che presenta gli oggetti raffigurati come freddi fotogrammi, in cui si immortala la quotidiana esperienza della società consumistica americana.

Questo perché egli considera le immagini come prodotti, beni da consumare, semplici oggetti dai quali non deve trasparire la mano dell’artista.    

Con la serialità, la ripetitività, avviene quindi un procedimento artistico meccanico, che si allontana dal concetto di unicità dell’opera d’arte tradizionale, dato che Warhol non vuole creare pezzi unici, ma pezzi destinati alla massa.

Riprodusse in copie identiche il soggetto delle sue opere proprio attraverso una delle sue tecniche preferite, ovvero la serigrafia.

Di conseguenza, i suoi soggetti preferiti sono personaggi dei fumetti, prodotti commerciali e icone del suo tempo. Da Superman, a Topolino, dalle lattine di zuppa della minestra Campbell, alle bottiglie di Coca Cola, alle icone del tempo come Marilyn Monroe, Elvis Presley, Mao Tse-Tung e altri volti noti dello spettacolo e della politica.

I soggetti scelti sono ricavati dalla cultura di massa americana e poi elaborati in serie, portando il concetto di un’arte che doveva essere consumata, proprio come tutti i prodotti commerciali. 

Divenne così il più grande fautore del concetto della riproducibilità e della commercializzazione delle opere d’arte. 

Nel 1962 fonda la Factory, lo studio che diviene presto un punto di ritrovo per artisti e star, una vera e propria fabbrica di idee, da cui uscivano opere realizzate da più artisti.

Il successo di Andy Warhol

 Le opere


Le opere più famose di Andy Warhol sono le serigrafie che ritraggono Marilyn Monroe (1967) e le serie dei Barattoli della Campbell’s Soup (1962), così come i ritratti, di cui ricordiamo quello di Mao Tse Tung (Mao, 1973).

In particolare, la Campbell’s Soup Cans, realizzata nel 1962, consiste nella realizzazione di 32 tele in polimero sintetico che raffigurano tutte le varietà dei barattoli di zuppa Campbell allora in commercio. 

Quest’opera racchiude l’essenza del suo pensiero, ovvero quello di abbattere il concetto di opera d’arte e della sua originalità di “pezzo unico”: queste scatolette, infatti, rappresentano l’omologazione della società moderna che propone alimenti preconfezionati uguali per tutti. Uno dei pregi degli americani consisteva dunque, nell’ottica dell’artista, nel fatto che tutti mangiassero le stesse cose.

Foto scattate da me, alla mostra che si è tenuta a Napoli, nella basilica di Pietrasanta a febbraio 2020.

Altra opera del ’62 è Gold Marilyn Monroe, realizzata subito dopo la morte di Marilyn.

Warhol, piuttosto che uno scatto sensuale e accattivante, scelse, invece, una foto pubblicitaria della diva, di cui acquistò i diritti.

Ci sono vari motivi dietro questa decisione:

  1. Il primo motivo, è che, essendo l’attrice morta, non le si addice più la varietà della vita, ma il volto immobile e truccato di un cadavere, quindi un’immagine che si presta ad una sola interpretazione e che si ripete in eterno.
  2. Il secondo motivo dipende dalla preferenza di Warhol per l’impostazione frontale e il campo ristretto delle foto-tessere, ottima per rendere al massimo il volto della Monroe.
  3. Terzo motivo, perché la foto scelta, più che un volto, propone una maschera: capelli sofisticati, trucco perfetto, rossetto che racchiude un sorriso eterno, tutto su uno sfondo color oro, che stava a simboleggiare una donna che è diventata star ed è morta per una tragedia.
Foto scattate da me, alla mostra che si è tenuta a Napoli, nella basilica di Pietrasanta a febbraio 2020.

Successivamente, nel 1967, Andy Warhol realizzò il dittico di Marilyn Monroe, una ripetizione seriale del dipinto raffigurante l’attrice Marilyn Monroe a colori. Avvenne la trasformazione della diva da icona a prodotto commerciale. O forse meglio dire che il volto di Marilyn divenne l’icona di un desiderio di massa.

Il volto è infatti ripetuto per ogni modulo con una gamma cromatica diversa e un trattamento specifico, che nell’insieme dà vita ad un effetto decorativo ed equilibrato dall’intera installazione. 

Il ritratto pop, di Mao, nasce invece per esaltare un evento politico, ovvero quello del presidente americano Richard Nixon, che nel 1972 si reca a Pechino per incontrare il nuovo leader della Cina comunista: Mao Tse-Tung.

Warhol realizzò questo ritratto proprio per rendere omaggio a Mao, prendendo una sua immagine in bianco e nero dal suo “libretto rosso” e creando da questa centinaia di tele di differenti dimensioni, che non fanno altro che esaltare la natura dominante e totalitaria di Mao sulla Cina.

Warhol e marketing

La sua influenza sulla pubblicità


Ma perché ti ho parlato nel dettaglio di questo artista eccentrico e ambivalente?

Perché la sua opera e il suo pensiero hanno largamente influenzato il mondo del marketing e della pubblicità: non abbiamo infatti parlato di “consumismo e massa”?

Di tutto ciò, però, te ne parlo il mese prossimo 😉 ma nel frattempo se sei curioso di sapere invece come la letteratura, in particolare la Divina Commedia, abbia ispirato campagne pubblicitarie di successo, puoi dare un’occhiata qui.

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Articolo di STEFANIA

Divoratrice di film e serie TV.
Una bambina creativa, vivo di arte e fotografia.
Professione Digital Artist e Graphic Designer.
Mi trovi su
stefania.dipalo96@gmail.com

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